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Immagine del redattoreCristine Spiezia

|12| YOGIC PATH - YOGA e ALIMENTAZIONE

COSA E COME MANGIARE

“Dato che l’espressione dell’anima in una persona dipende dalle condizioni del suo organismo, e il suo organismo dipende dal cibo, è opportuno conoscere non solo gli effetti fisici degli alimenti, ma anche quelli spirituali e psichici” P. Yogananda

Chi pratica Yoga in maniera costante, inevitabilmente, sentirà l’esigenza di rivedere il proprio modo di nutrirsi, e nella maggior parte dei casi sceglierà un’alimentazione vegetariana se non vegana. Una delle indicazioni comportamentali dello Yoga è, infatti, “Ahimsa” ovvero la non violenza, il non nuocere. Nella tradizione classica, lo yogin non si nutre di carne; la ragione è perché comprende la sofferenza dell’essere che viene ucciso e sa che ogni azione che compie ha delle conseguenze, ma allo stesso tempo non giudica per lo stesso principio di rispetto.


La connessione tra modo di alimentarsi e sentiero yogico, è uno dei modi per coltivare le qualità interiori necessarie per un proseguimento coerente spirituale. Oggi giorno, oltretutto, questa attitudine, non è solo spinta dal non causare sofferenza all’animale, ma anche per principi di eco sostenibilità, come per esempio il tanto discusso cambiamento climatico, o le deforestazioni massive.

Le tradizioni dello Hatha Yoga - la dieta moderata

La tradizione dello Hatha Yoga riferisce l’idea della dieta moderata, Mitahara, evocata anche nel testo chiave dell’Ayurveda, riportando come regola, “né troppo né troppo poco”. Anche l’Hathayogapradipika, raccomanda la moderazione che, se correttamente praticata, farebbe raggiungere allo yogi la perfezione in un anno; atyahara, l’eccesso del mangiare, costituisce uno dei 6 ostacoli al progresso dello yoga.


Nello stesso testo viene descritto che il cibo dev’essere “mangiato per diletto di Shiva”, ovvero in una prospettiva sacrale: è necessario il mantenimento degli equilibri sia interni, per la propria salute, sia esterni, volti al non alterare gli equilibri del mondo.




Cibo, respiro e prana

Respirare e mangiare, costituiscono dal punto di vista dello yoga un modello unitario; questa visione è presente anche nei testi principali dell’Ayurveda, Caraka Samhita. La differenza di piani, tra respirazione e nutrizione, secondo lo yoga, sta nella “grossolanità” di ciò che viene portato dentro e portato fuori. In entrambi i casi si ingerisce prana, ovvero energia, di una certa qualità.


Le sacre scritture indiane affermano che tutto ciò che fa parte di questo mondo contiene vibrazioni di coscienza. Esistono tre tipi di qualità energetiche, chiamate guna: Sattwa, qualità elevante, Rajas, qualità attivante e Tamas, qualità deprimente. Anche l’essere umano manifesta queste tre qualità, il suo livello di coscienza è influenzato da ciò le lo circonda e dalle informazioni che riceve anche attraverso il cibo. Se ci si espone al sattwico si sperimenta elevazione spirituale, se ci si espone al rajasico, si sperimenterà inquietudine e agitazione, se ci si espone al tamasico si sperimenterà pigrizia e apatia.



Ogni individuo possiede tutti e tre i guna, che si manifestano in percentuale differente in ciascuno, caratterizzando l’individuo. Come ogni cosa nell’universo, anche il cibo ha delle vibrazioni specifiche che una volta ingerite, si trasmettono all’individuo.

  • Esempi di cibi Sattwici: legumi, germogli, frutta, verdura

  • Esempi di cibi Rajasici: Carne, spezie piccanti, uova, caffè

  • Esempi di cibi Tamasici: Zucchero bianco, bibite gassate, formaggi, alcool

L’influenza che il cibo ha sulla mente non dovrebbe essere sottovalutata. Molti maestri spirituali affermano che è uno dei modi più immediati e concreti per influenzare la mente, le azioni, o i pensieri, sono la tipologia e qualità del cibo che ingeriamo. Pensiamo ai Rishi, gli antichi veggenti dell’India, che vivevano solo di cibo crudo, perché ciò gli aiutava a purificare la loro mente. È curioso notare come molti studi odierni, hanno, per esempio, evidenziato un aumento dei linfociti nel corpo, una volta ingerito cibo cotto, come fosse lo stesso fonte di infiammazione.



Agni, il fuoco gastrico e la sua attivazione nello Yoga

Cuore dell’esperienza trasformativa è, nella visione yogica, Agni, il fuoco. Divinità, elemento, funzione corporea, all’interno del corpo viene identificato come “fuoco gastrico” con sede nell’area addominale. La sua attivazione naturale, riequilibrabile ad esempio attraverso asana e pratiche respiratorie, consente un buon funzionamento fisiologico e buona assimilazione degli alimenti ingeriti.


Un buon funzionamento del fuoco gastrico è centrale nella prospettiva dello Yoga e dell’Ayurveda, perché assicura tanto gli equilibri interni dell’uomo- corporei, ma anche psichici e umorali. Questo spiega il numero di esercizi di compressione dell’addome o delle torsioni, che attivano gli organi digestivi. Sul piano energetico il fuoco è attivato dal soffio samanavayu, uno dei “venti” interni dell’uomo, attivato grazie a specifiche tecniche come pratiche respiratorie (Pranayama), sigilli energetici, (Bandha) e tecniche di purificazione, come sankhapraksalana (da praticare sotto la guida di un insegnante esperto)


Il centro fisico del corpo umano, la regione dell’ombelico, è un punto cruciale dove si intersecano moltissime informazioni che giungono sottoforma di cibo, ma anche di emozioni, istinti, ed è molto importante che questa regione sia in equilibrio per permettere una corretta rielaborazione di quello che si è ricevuto.



Upavasa: Il digiuno, una pratica antica

Il rapporto con il cibo, in prospettiva yogica, ha una dimensione sacrale, è la stessa volontà nell’astenersi da alimenti che si considera non adatti per il proprio progresso spirituale. L’espressione estrema dell’astensione è il digiuno, pratica antichissima e comune a molte culture e grandi religioni.

Con il termine Upavasa si intende “digiuno” o anche “astensione”, che viene spesso svolta prima di una cerimonia religiosa, e rappresenta una via per elevarsi spiritualmente, per avvicinarsi al divino. In una tradizione come lo yoga, come abbiamo visto, in cui i diversi piani di esistenza dell’uomo si intrecciano e si influenzano, la pratica del digiuno è vista anche come momento in cui è possibile attivare i meccanismi di purificazione dell’organismo, passaggio necessario per riequilibrare la mente: una volta che il corpo sarà disintossicato, libero dalla materia “grossolana”, sarà possibile fare spazio all’elemento “etere”, dal quale originano tutti gli altri elementi, e mantenere il corpo vitale e permettere una elevazione spirituale.




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